tabella co2

Co2 in acquario

Sentiamo spesso parlare dell’utilizzo della Co2 in acquario, ma altrettanto spesso le idee in merito sono piuttosto confuse e non si sa bene da dove partire. Questa vuole essere una guida che spiega in quali casi utilizzarla, come erogarla e in che quantità.

Sappiamo che in natura le piante all’aria aperta, anche se la co2 è praticamente prossima all’1 % del volume totale (400 ppm) durante il processo di fotosintesi, trasformano la co2 presente nell’aria, per produrre ciò di cui hanno bisogno per il loro metabolismo (glucosio e derivati) convertendola in ossigeno.

Nelle nostre vasche, in cui introduciamo piante che molte volte sono state adattate all’ambiente acquatico, la quantità di co2 disponibile non è sufficiente per supportare la loro crescita, soprattutto nel caso di alcune specie a crescita rapida, le quali presentano un metabolismo molto veloce.

 

Vi starete chiedendo allora perché in alcuni acquari senza CO2 le piante crescono comunque?

In acquario è possibile trovare una certa quantità di Co2 in acquario disciolta, in quanto essa proviene da diversi processi, in particolare:

  • All’interno del filtro e nello specifico, la co2 viene prodotta dai batteri durante il processo del ciclo azotato (qui potete trovare informazioni più dettagliate) trasformando ammonio e nitriti in NO3 nitrati catturando una molecola di ossigeno e rilasciando co2;
  • Viene prodotta durante il processo di respirazione cellulare della fauna presente;
  • Tramite lo scambio gassoso che avviene grazie al movimento di superficie dato dalla pompa che fa girare l’acqua.

Nonostante la presenza di questi fattori, per molte specie di piante, la quantità disciolta disponibile non è sufficiente e quindi si ricorre alla somministrazione forzata per mezzo di un impianto di concimazione carbonica.

Oltre al contributo alla fertilizzazione, la co2 erogata ha un effetto acidificante della nostra acqua proporzionale alla quantità disciolta, quindi in alcuni biotopi come quelli amazzonici o asiatici molto piantumati, viene impiegato come mezzo alternativo agli acidi umici o fulvici per mantenere un ph acido idoneo ad alcune specie di pesci che ospitiamo nelle nostre vasche senza dover essere costretti nell’utilizzo di catappa, pigne di ontano, foglie di quercia, torba per abbassare il ph che rilasciano in vasca grosse quantità di tanini rendendo l’acqua dal giallo all’ambrato.

 

Ma… quanta ne va erogata?

La Co2 in acquario apporta notevoli benefici alle piante e al ph ma un eccesso porta al decesso di tutta la fauna presente in vasca per anossia, quindi è necessario sapere come e quanta dosarne.

Sappiamo che il ph viene influenzato dal kh (qui potete trovare approfondimenti in merito a KH e pH) che svolge un’azione tampone su di esso, impedendo oscillazioni del valore del pH estremamente dannose per la fauna dell’acquario.

La co2 influisce su questo rapporto in proporzione alla quantità disciolta, quindi maggiore sarà l’erogazione e dissoluzione del gas in acqua, maggiormente potremo apprezzare la discesa del ph, ma c’è un LIMITE.

[pullquote-right]Questo limite varia in base al kh che avremo in vasca, in sostanza ad ogni punto di kh corrisponde un valore minimo di ph raggiungibile oltre il quale iniziano i problemi e decessi.[/pullquote-right]

Per darci un indicatore del giusto rapporto tra kh e ph abbiamo a disposizione la tabella che ottiene come risultante la concentrazione in ppm (parti per milione oppure mg/l) associato ad ogni valore kh/ph.

Per capirci, se abbiamo un kh 3, il limite minimo raggiungibile di ph sarà 6.5, a questo valore di ph avremo una concentrazione di Co2 in acquario pari a 33 ppm che è circa la concentrazione ottimale per la crescita rigogliosa delle piante senza compromettere il benessere dei pesci. Se alzassimo di qualche bolla la Co2 in acquario apprezzeremmo una ulteriore discesa del ph a 6.4 e otterremmo una concentrazione di co2 di 42ppm che inizia a dar fastidio alla fauna acquatica, un ulteriore aumento delle bolle erogate porterebbe al decesso.

Per semplificare potremmo affermare che ad ogni valore di kh esiste un giusto valore di ph ottenuto dalla concentrazione di co2, considerando il valore ideale tra 20-30 ppm fino ad massimo tollerabile di 39/40 ppm.

Co2 in acquario

 

Come leggere la tabella?

Partendo dal KH misurato in vasca con test a reagente, si segue la riga orizzontale (freccia 1) corrispondente fino a trovare le celle verdi che indicano il valore ottimale espresso in ppm o mg/l  (NON IN BOLLE DA EROGARE) in cui le piante traggono il maggior beneficio senza apportare danni alla fauna come invece accadrebbe per le celle da gialle a rosse.

A questo punto si segue la colonna perpendicolare al valore corretto (freccia 2) fino alla parte superiore della tabella dov’è indicato il valore di PH da raggiungere per ottenere la suddetta quantità di Co2. Nella zona azzurra troviamo di conseguenza le corrispondenti concentrazioni di co2, a livelli non sufficienti.

FAQ CHIMICA

Faq Chimica

Quali sono i valori dell’acqua per un acquario di comunità ?

  • I valori medi dell’acqua per un acquario di comunitá in genere sono pH 7 – GH 10 – KH 5 – Nitriti assenti  Nitrati < 25mg/l, temperatura intorno a 26 gradi. Questi valori vanno bene per la maggior parte dei pesci ma non per tutti. Ricordarsi di informarsi sempre, quando si acquista un pesce, sulle sue esigenze.

 

Quali test ho bisogno per poter mantenere efficente l’acquario ?

  • Innanzitutto utilizzare i test a reagente liquido e quelli più utili sono quelli per il pH, GH, KH , nitriti e nitrati. Per essere completi utilizzare anche i test per rilevare la conducibilitá e il ferro. Attenzione al tipo di luce che adoperi per confrontare il colore del liquido nella provetta, e’ consigliabile fare queste misurazioni alla luce del giorno, la luce artificiale potrebbe falsare il confronto tra il liquido e il colore di riferimento.

 

Come posso sapere se la mia acqua di osmosi è buona ?

  • Una buona acqua di osmosi presenta kh e Gh a zero , ph intorno a 5 e la consucibilità deve essere quanto più prossima allo zero ma fino a 20 µS/cm è accettabile.

 

Come incrementare il K in vasca con sali singoli  ?

  • Per incrementare il K non va usato il KNO3 perchè rischiamo di sballare il contemuto degli NO3. Usiamo il K2SO4.

 

Decalcificazione biogena cosa è e come si presenta ?

  • In genere accade con delle macchie o depositi biancatri sulla lamina fogliare delle piante in mancanza di CO2 e scarsa illuminazione e questo accade perchè la pianta per metabolizzare cerca le fonti di carbonio nei carbonati e bicarbonati.

About Kh

About Kh

Nell’articolo relativo al GH (che puoi leggere cliccando QUI) è stato descritto il concetto di DUREZZA TOTALE. Abbiamo visto che quest’ultimo si compone di due diversi contributi: la durezza permanente e quella temporanea.

In questo articolo chiamato “About Kh” andremo ad analizzare un altro parametro molto importante per l’acquario correlato al concetto di durezza temporanea (ma non solo), ovvero il KH.

about kh1

La DUREZZA TEMPORANEA esprime la concentrazione degli ioni dei metalli alcalino terrosi presenti in acqua, principalmente considerando gli ioni di Calcio e Magnesio (Ca2+ e Mg2+– in nero) in combinazione con lo ione bicarbonato (detto anche idrogencarbonato – HCO3). Questo contributo alla durezza viene eliminato portando a ebollizione la soluzione, a causa della reazione:

Si forma ad esempio Carbonato di Calcio, che essendo poco solubile (a 25°C infatti la sua solubilità è di 13 mg in un litro di acqua!) precipita, formando un solido bianco.

Ma… tutto ciò come ha a che fare con il parametro del KH?

Il KH ci permette di misurare la DUREZZA CARBONATICA della soluzione. Cosa cambia rispetto alla durezza temporanea? Andiamo a considerare tutti i bicarbonati presenti in soluzione, non solo quelli legati a Calcio e Magnesio. Si considerano anche altri contributi, generalmente dati in maggior percentuale da Sodio e Potassio (Na+ e K+ – in blu). Per questa ragione in certe condizioni è possibile ottenere un valore di KH maggiore rispetto a quello del GH stesso.

La durezza carbonatica è correlata alla così detta ALCALINITA’ di una soluzione, ovvero la capacità di reagire con gli ioni H+, neutralizzandoli. Le principali reazioni che prendono parte a questo processo sono date:

  • Dallo ione idrogeno carbonato (HCO3):  HCO3+ H+ → H2CO3
  • Dallo ione carbonato (CO32-): CO32-+ 2H+ → H2CO3
  • Dallo ione idrossido (OH):  OH+H+ → H2O

Andando però a osservare le condizioni della nostra vasca il contributo principale (quindi il composto che partecipa maggiormente alla regolazione degli equilibri all’interno dell’acquario) è il primo, gli altri sono presenti in quantità poco apprezzabili. Formalmente però, la definizione di alcalinità totale comprende anche il contributo di alcuni anioni acidi deboli (come solfuri, bisolfuri), silicati, fosfati e ammoniaca; ma il loro contributo è minimo.

[pullquote-left]Nota: Un’ulteriore precisazione è necessaria; infatti, quanto detto vale quando ci troviamo in assenza (o in presenza di quantità basse) di altre fonti di acidi deboli come acidi fulvici e umici. Essi sono abbondantemente presenti nei così detti acquari black water (o acque scure) o in vasche dove viene utilizzata torba. In questi casi la determinazione del KH, del pH per l’utilizzo delle tabelle per la regolazione della CO2 portano a dati “sfalsati” in quanto non si tiene conto del contributo dato da queste ultime fonti citate.[/pullquote-left]

A questo punto bisogna introdurre un nuovo concetto, ovvero quello di soluzione TAMPONE. L’alcalinità è indice della capacità tampone dell’acqua. Semplificando è la capacità di una soluzione di resistere a cambiamenti repentini del pH (entro certi limiti) causati dall’aggiunta di piccole quantità di sostanze acide o basiche, che potrebbero andare a modificarlo. Questo argomento viene trattato con maggiore dettaglio nell’articolo relativo al pH (trovate qui il link).

Tornando a quanto succede nelle nostre vasche, per ottenere un effetto tampone sufficiente (specialmente in presenza di erogazione di CO2) si consiglia di mantenere un valore del KH ≥3. Questo non implica che non esistano casi in cui si possa mantenere un KH inferiore (esistono vasche il cui valore di KH è 0, ma sono comunque stabili).

Nota: Bisogna porre attenzione sui terreni allofani. Questi terreni sono caratterizzati da un elevato CSC (acronimo di capacità di scambio cationico). Essi hanno la capacità di attirare e legare elettrostaticamente tutti i cationi (ioni a carica positiva) presenti in acqua. Quando le radici assorbono i cationi rilasciano ioni idrogeno (H+) che si fissano al terreno allofano, il quale, a sua volta, li libera in acqua per legare a se altri cationi. Gli ioni idrogeno liberati vanno ad abbassare il pH e questo spiega la capacità di questo fondo di acidificare l’acqua. Inoltre, gli ioni idrogeno liberati interagiscono con i bicarbonati presenti in acqua tramite la seguente reazione:
H++HCO3 → H2CO3

Che a sua volta dà la reazione:
H2CO3 → H2O+CO2

La CO2, in qualità di gas, tende ad abbandonare l‘acqua (esattamente il contrario di quello che succede quando usiamo la CO2).

Riassumendo… Alla fine di tutto ciò cosa succede? Il KH si abbassa e con esso anche il pH. Questo spiega la gestione più complessa dei fondi allofani soprattutto quelli più reattivi come quelli neri. Spesso in questo tipo di allestimenti si utilizzano rocce contenenti carbonati (come le Seiryu Stone), in modo da controbilanciare l’effetto del fondo stesso e ridurre l’abbassamento del KH stesso. In aggiunta solitamente durante il primo periodo vengono svolti piccoli cambi periodici per inserire nuovamente carbonati e chiaramente ciò comporta dei periodi di maturazione più lunghi. Ovviamente questo effetto non dura per sempre, ma termina una volta raggiunto il livello di saturazione. È difficile stimare la durata del fenomeno, in quanto è strettamente correlata al tipo di acqua che stiamo utilizzando e al valore del suo KH.About Kh

Un’altra cosa importante da considerare, quando stiamo allestendo o gestendo una vasca, è l’eventuale presenza di un addolcitore domestico. Questo genere di impianti permette di ridurre la durezza dell’acqua di rete scambiando gli ioni Ca2+ e Mg2+ (formano carbonati poco solubili che possono depositarsi all’interno dei tubi e negli elettrodomestici, compromettendone il funzionamento e riducendone di fatto la durata) con ioni Na+ (il sodio forma dei carbonati molto solubili riducendo il fenomeno prima descritto). Quantità eccessive di sodio, però, tendono a creare problemi alla fisiologia piante già a basse concentrazioni (dipendenti chiaramente dal tipo di pianta, ma in genere si considera come limite di riferimento 40 mg/L). Motivo per cui, l’acqua di rete in questo caso va assolutamente evitata.

Nota: Quando analizziamo le acque di rete e troviamo il KH maggiore del GH dobbiamo porre molta attenzione all’ uso di questa acqua perché quasi sempre è ricca di sodio. Il Mg deriva generalmente più dai solfati che dai carbonati/bicarbonati mentre i sali di potassio sono sempre scarsissimi o nulli nelle nostre acque per una questione di conformazione geologica.

 

Come possiamo misurare il KH?

La determinazione di questo parametro è piuttosto semplice; basta infatti munirsi di relativo test a reagente. Esso sfrutta una reazione chimica grazie alla quale si noterà un cambiamento cromatico dall’azzurro a giallo brillante all’interno della provetta stessa, una volta raggiunto il valore effettivo del KH. Contando semplicemente il numero delle gocce utilizzate otterremo quindi il valore numerico del KH.

Sconsiglio l’utilizzo di test a strisce in quanto danno un valore non puntuale, ma un’indicazione sul range, che personalmente trovo poco utile.

Ma… cosa ci dice il valore che abbiamo ottenuto?

Il valore ottenuto esprime la durezza in gradi tedeschi, ovvero:

formula1

In pratica andremo a trasformare tutti i contributi alla durezza considerandoli come dovuti solo dai composti a base di Calcio, più esattamente a base di CaO.

[pullquote-right]Nota: non è possibile ricavare tale valore da una misura di conduttività, in quanto quest’ultimo viene ottenuto sommando il contributo di tutti gli ioni disciolti in acqua. Ovviamente, però, la sua eventuale modifica porterà a una modifica nel valore di conduttività.[/pullquote-right]

Spesso si leggono richieste di chiarimento in merito a un aumento del KH (a volte accompagnato anche da un aumento di GH) tra un cambio di acqua e il successivo. In genere le cause principali vanno ricercate:

  • Nella modalità in cui vengono fatti i rabbocchi di acqua evaporata. L’utilizzo di acqua RO (di buona qualità) non crea modifiche né nel KH né nel GH quando viene usata nei rabbocchi, mentre l’uso di acqua di rubinetto o di acqua RO di bassa qualità, aggiungendo sali in vasca crea un aumento nei valori delle durezze (il dettaglio viene spiegato in un articolo apposito, il cui link si trova nel prossimo paragrafo).
  • Nella presenza di arredi o fondo calcareo, che soprattutto in presenza di pH debolmente acidi, tendono a rilasciare in vasca i carbonati che li compongono, alterando il KH. Per evitare di inserire materiali di questo tipo è sufficiente testarli con qualche goccia di viakal o acido muriatico; se si sviluppano delle bollicine (e “il materiale frigge”) siamo in presenza di materiale calcareo. Personalmente ne sconsiglio l’uso, salvo in particolari allestimenti come quelli dei grani laghi africani (Malawi e Tanganika).

 

Come possiamo modificare il KH?

Per prima cosa quando andiamo a modificare il valore del KH dobbiamo ricordarci che potremmo avere ripercussioni anche sul valore del pH. Per questo motivo bisogna agire lentamente su questo parametro evitando variazioni superiori a 2° dH, in quanto non è la variazione di KH in sè che può creare problematiche agli abitanti della vasca, ma l’oscillazione del pH ad essa associata (se eccessiva può anche risultare mortale).

Per ABBASSARE il KH possiamo quindi ricorrere all’uso di acqua di osmosi (RO = reverse osmosis). Essa infatti è caratterizzata da un valore di GH e KH pari a 0 (se di buona qualità) e grazie a piccoli cambi eventualmente ravvicinati, ci permetterà di ottenere il valore desiderato.  Si consigliano piccoli cambi di acqua RO, se usata pura (tra il 5-10%, ma non oltre il 20%) ogni 3-4 giorni, per evitare shock osmotici.

Nota: l’acqua di osmosi RO ABBASSA TUTTI i valori, non solo il KH, perché noi andiamo ad effettuare una diluizione ovvero un abbassamento della concentrazione di tutti i sali disciolti in acqua per cui successivamente dovremo operare una correzione sull’ altro parametro che caratterizza la durezza, il GH. Cliccando sul seguente link si aprirà una scheda specifica su come operare i cambi parziali e come calcolare la quantità di RO da utilizzare per ottenere un determinato abbassamento.

Per ALZARE il KH ci sono diverse strade:

  • Utilizzare acqua avente KH superiore a quello della vasca durante i cambi.
  • Utilizzare sali commerciali appositi (già bilanciati) in base alle proprie esigenze. Questa strada va seguita anche nel momento in cui si opta per una gestione con sola acqua di osmosi. Questa andrà ricostruita per ottenere i parametri di KH e GH desiderati (agendo singolarmente o su entrambi in contemporanea).
  • Utilizzare una soluzione a base Bicarbonato di Potassio (KHCO3). Nella preparazione va necessariamente usata acqua RO. Sconsiglio l’uso del Bicarbonato di Sodio (Na2CO3), che benchè sia più economico, inserisce una quantità di Na+ non idonea per le vasche di acqua dolce.

Se intendete utilizzare il rimedio casalingo dell’osso di seppia, tenete presente che si avrà una variazione anche sul GH.

 

In conclusione: About Kh è una guida scritta utilizzando un linguaggio semplice in modo da essere facilmente comprensibile e quindi trasmettere concetti relativi alla chimica dell’ acquario, altre guide simili ad About Kh stanno per essere pubblicate sul nostro portale in modo da avere un punto di riferimento per consultazioni piu’ rapide.

 

 E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo About Ph e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

Guida About Kh impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

Ciclo azotato

In questa guida tratteremo il ciclo azotato in acquario

In acquario l’acqua si arricchisce nel tempo di residui organici derivanti essenzialmente:

  • dal metabolismo dei pesci e dalle loro deiezioni.
  • da eccesso di mangime non consumato che si decompone.
  • dalla marcescenza delle piante che vanno in decomposizione.

Tutte queste sostanze si accumulano sul fondo e vengono trasformate dai batteri in composti azotati semplici (formate cioè da azoto indicato con la lettera N).

 

ciclo azotato

Alla base di tutti i sistemi di filtrazione c’è un fenomeno molto importante che è quello della decomposizione chimica operata da parte di milioni di batteri. Questa si divide in diverse fasi e dà come risultato la formazione di composti azotati e minerali. Nella prima fase le catene proteiche vengono spezzate in frammenti piu’ piccoli, gli amminoacidi,  dai microrganismi eterotrofi tramite un processo di digestione enzimatica ovvero:

proteine –> peptidi –> amminoacidi

Da qui inizia la seconda fase che è quella della biodegradazione degli amminoacidi in composti azotati semplici:

amminoacidi –> ammoniaca (NH3) –> ioni ammonio (NH4+)

L’ammoniaca e l’ammonio sono in equilibrio tra loro e sono condizionati dal pH. Per valori acidi avremo quasi esclusivamente ammonio rapidamente assorbito dalle piante mentre per valori alcalini aumenta concentrazione dell’ ammoniaca  (per un pH = 8.0 la concentrazione di ammoniaca è pari al 10%). Entrambe le sostanza sono molto solubili in acqua e rappresentano i veleni piu’ pericolosi per il nostro acquario.

Nella terza fase gli ioni di ammonio vengono trasformati in nitriti (NO2) quindi:

Ioni ammonio —–>Nitriti(NO2) 

Nella quarta fase avviene l’ ossidazione  dei nitriti (NO2) in nitrati(NO3) quindi:

Nitriti(NO2)—–>Nitrati(NO3) 

I nitrati rappresentano quasi l’ultima fase del processo descritto  a grandi linee per cercare di far comprendere le fasi principali e tralasciando tutti i sotto processi che ci farebbero confondere molto le idee soprattutto per chi inizia a sentir parlare da poco di ciclo azotato. I nitrati si accumulano in vasca con il passare del tempo e solo un cambio parziale puo’ contenere il loro continuo accumulo.

[pullquote-left]Il ciclo azotato si chiude con un ulteriore processo, anche se non se ne parla spesso, dove i nitrati per riduzione dell’ azoto (N) vengono trasformati in azoto gassoso (N2). Questo è dovuto a colonie di batterici anaerobici che si formano negli strati profondi del fondo dove l’ ossigenazione è molto scarsa o nulla.[/pullquote-left]

Le zone anossiche (assenza di ossigeno) possono rappresentare anche un grave pericolo per via della formazione di particolari colonie batteriche sempre anaerobiche che degradano gli aminoacidi ed altri composti organici solforati (nella loro struttura molecolare presentano atomi di zolfo) producendo acido solfidrico, sostanza caratterizzata dall’ odore di uova marce la cui tossicità è ben nota. Ciò provocherà un avvelenamento di tutta la vasca.

All’avvio di una nuova vasca il ciclo azotato non è ancora innescato perche’ i batteri non si sono ancora insediati nel filtro (dove avviene la maggior parte del ciclo azotato) e quindi occorre un periodo di tempo durante il quale i batteri nitrificanti devono svilupparsi e moltiplicarsi. Per questo motivo avremo che nel primo periodo si svilupperanno le colonie di Nitrosomonas che trasformano l’ ammoniaca (NH3) in nitriti (NO2) che inizieranno ad aumentare in vasca fino a raggiungere un valore massimo detto picco dei NO2. Sfalsati nel tempo inizieranno a svilupparsi anche le colonie di Nitrobacter deputati a trasformare i NO2 in NO3 per cui osserveremo nel tempo la riduzione  dei NO2 sino alla loro scomparsa e contestualmente un aumento dei NO3. 

Il tempo di maturazione del filtro dipende da diverse variabili (temperatura, valore del pH, inoculo attraverso cibo per pesci, uso di prodotti specifici) e richiede mediamente circa 30 giorni ma ripeto che non esiste un tempo fisso e preciso che quanto più tempo diamo alla maturazione del filtro tanto più l’ acquario partirà nelle condizioni migliori. A volte in fase di avvio di una nuova vasca si possono avere sia nitriti che nitrati prossimi allo zero e questo succede per due motivi:

  • Non si sono formati i ceppi batterici e quindi l’acqua è ancora satura di composti ammoniacali
  • il picco è già avvenuto ed i nitrati non sono rilevabili perchè assorbiti dalle piante presenti nella vasca.

Non sempre avere i nitrati prossimi allo zero è una ottima cosa perche’ oltre ad essere uno dei principali nutrimenti per le piante è anche sinonimo di un ottimale funzionamento del filtro biologico.

[pullquote-right]Nota: Prima di inserire i pesci è molto importante attendere la maturazione completa del filtraggio biologico monitorando settimanalmente le variazioni dei NO2 e dei NO3 con i test a reagente. [/pullquote-right]

Quando i NO2 dopo il picco non sono più rilevabili, e contestualmente verifichiamo un aumento dei NO3, è consigliabile attendere almeno un’ ulteriore settimana.Inserire i pesci gradualmente per non sovraccaricare il filtraggio biologico. Un filtro non ben maturo potrebbe comportare un improvviso aumento dei NO2 con effetti tossici gravi da provocare moria dei pesci.

I nitriti assorbiti attraverso le branche si legano all’ emoglobina formando metaemoglobina che impedisce a livello branchiale lo scambio CO2/O2. L’ aumento della concentrazione ematica  di CO2 provoca acidosi del sangue e scarsa ossigenazione cellulare.

Quello che notiamo è un aumento della velocità di respirazione del pesce che per sopperire alla scarso apporto di ossigeno si porta in superficie boccheggiando.

L’ asfissia si manifesta già ad una concentrazione di 0,5 mg/L. 

Come intervenire?: effettuare cambi sostanziali di acqua, migliorare l’ ossigenazione con l’ uso di aeratore, inserire colture batteriche specifiche (ammostop, biodigest, nitrivec, etc). In alternativa usare il NaCl (cloruro di sodio) per sfruttare la competitività del Cl verso i NO2 nell’ assorbimento branchiale. In questo caso la concentrazione di Cl deve essere 10 volte superiore a quella dei NO2 sottratta la quantità di Cl già presente in vasca. Per questo intervento è necessario avere il test a reagente per il Cl (cloro).  

 

 E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo About Ph e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Si ringrazia DanPao,Marco Ferrara e marte82 per la collaborazione.

Scheda revisionata da Mario Mandici

©www.acquariofili.com

About Ph

About Ph vuole essere una guida semplice e intuitiva per capire uno dei parametri maggiormente misurati in acquariologia che è il pH. Per citare alcuni esempi misuriamo il pH per creare un valore che sia vicino a quello delle acque di provenienza dei pesci, lo misuriamo per sfruttare al meglio la fertilizzazione del ferro chelato oppure per calcolare la quantità di CO2 che utilizziamo in acquario per ottenere una buona fertilizzazione.

[pullquote-right]Se volete saperne di più sul pH seguiteci in questo viaggio per rendervi conto di quanto questo parametro sia importante e quante relazioni sono ad esso implicate[/pullquote-right]

ph

Il pH è una funzione logaritmica che ci permette di calcolare attraverso la concentrazione di ioni idrogeno H+ o meglio di ioni ossonio H3O+  il grado di acidità o basicità di una soluzione.

A questo scopo è stata creata una scala convenzionale che va da 1 a 14. pH = 1 è una soluzione estremamente acida, di contro pH = 14 è una soluzione fortemente basica. Il valore pH = 7 indica una soluzione neutra dove le concentrazioni  di ioni ossonio e ioni ossidrile sono identiche sulla base della seguente reazione di dissociazione dell’ acqua:

2H2O<->H3O+ + OH

Questa è una reazione reversibile in quanto può avvenire da sinistra verso destra e viceversa. L’ acqua ha una costante di dissociazione molto bassa ovvero in condizioni normali solo poche molecole di acqua si scinderanno per formare H3O+ e OH. La quantità dei corrispettivi ioni in equilibrio con H2O è talmente bassa da non riuscire a condurre cariche elettriche se applichiamo una differenza di potenziale tra due elettrodi immersi in acqua. Stiamo parlando dell’ acqua distillata la cui conducibilità è 0 mS (micro Siemens).

 

ph scale

 

Misurazioni

Nell’ ambito dell’ acquariofilia i sistemi maggiormente impiegati sono:

  • pHmetro, ovvero uno strumento elettronico che misura la differenza del potenziale elettrico che si viene a creare tra gli ioni ossonio presenti sulla superficie esterna e quelli presenti sulla superficie interna della membrana di vetro dell’ elettrodo. Chi volesse approfondire l’ argomento “pHmetro” , cosa che consiglio di fare, può cliccare sul seguente link.
  • Test a reagente che sfrutta la capacità di un indicatore di cambiare colore in base alla concentrazione di ioni ossonio liberi presenti in soluzione. Il confronto tra il colore della soluzione del test e la scala colorimetrica fornita in dotazione ci darà il valore del pH. Tra gli indicatori maggiormente impiegati il blu di bromotimolo è il più interessante. Solubile in etanolo (alcool etilico) questa sostanza organica debolmente acida assume in soluzione alcoolica  una colorazione giallo/arancio mentre la sua base coniugata è blu. Il viraggio di colore dal giallo/arancio al blu nelle sue diverse tonalità è dovuta alla quantità di formazione  della base coniugata rispetto alla forma acida. Il vantaggio di questo indicatore è che avviene in un intervallo di pH compreso tra 6.0 e 7.6, quindi piuttosto ristretto e con intervalli di 0,2 unità di pH.

 

test Ph