tabella co2

Co2 in acquario

Sentiamo spesso parlare dell’utilizzo della Co2 in acquario, ma altrettanto spesso le idee in merito sono piuttosto confuse e non si sa bene da dove partire. Questa vuole essere una guida che spiega in quali casi utilizzarla, come erogarla e in che quantità.

Sappiamo che in natura le piante all’aria aperta, anche se la co2 è praticamente prossima all’1 % del volume totale (400 ppm) durante il processo di fotosintesi, trasformano la co2 presente nell’aria, per produrre ciò di cui hanno bisogno per il loro metabolismo (glucosio e derivati) convertendola in ossigeno.

Nelle nostre vasche, in cui introduciamo piante che molte volte sono state adattate all’ambiente acquatico, la quantità di co2 disponibile non è sufficiente per supportare la loro crescita, soprattutto nel caso di alcune specie a crescita rapida, le quali presentano un metabolismo molto veloce.

 

Vi starete chiedendo allora perché in alcuni acquari senza CO2 le piante crescono comunque?

In acquario è possibile trovare una certa quantità di Co2 in acquario disciolta, in quanto essa proviene da diversi processi, in particolare:

  • All’interno del filtro e nello specifico, la co2 viene prodotta dai batteri durante il processo del ciclo azotato (qui potete trovare informazioni più dettagliate) trasformando ammonio e nitriti in NO3 nitrati catturando una molecola di ossigeno e rilasciando co2;
  • Viene prodotta durante il processo di respirazione cellulare della fauna presente;
  • Tramite lo scambio gassoso che avviene grazie al movimento di superficie dato dalla pompa che fa girare l’acqua.

Nonostante la presenza di questi fattori, per molte specie di piante, la quantità disciolta disponibile non è sufficiente e quindi si ricorre alla somministrazione forzata per mezzo di un impianto di concimazione carbonica.

Oltre al contributo alla fertilizzazione, la co2 erogata ha un effetto acidificante della nostra acqua proporzionale alla quantità disciolta, quindi in alcuni biotopi come quelli amazzonici o asiatici molto piantumati, viene impiegato come mezzo alternativo agli acidi umici o fulvici per mantenere un ph acido idoneo ad alcune specie di pesci che ospitiamo nelle nostre vasche senza dover essere costretti nell’utilizzo di catappa, pigne di ontano, foglie di quercia, torba per abbassare il ph che rilasciano in vasca grosse quantità di tanini rendendo l’acqua dal giallo all’ambrato.

 

Ma… quanta ne va erogata?

La Co2 in acquario apporta notevoli benefici alle piante e al ph ma un eccesso porta al decesso di tutta la fauna presente in vasca per anossia, quindi è necessario sapere come e quanta dosarne.

Sappiamo che il ph viene influenzato dal kh (qui potete trovare approfondimenti in merito a KH e pH) che svolge un’azione tampone su di esso, impedendo oscillazioni del valore del pH estremamente dannose per la fauna dell’acquario.

La co2 influisce su questo rapporto in proporzione alla quantità disciolta, quindi maggiore sarà l’erogazione e dissoluzione del gas in acqua, maggiormente potremo apprezzare la discesa del ph, ma c’è un LIMITE.

[pullquote-right]Questo limite varia in base al kh che avremo in vasca, in sostanza ad ogni punto di kh corrisponde un valore minimo di ph raggiungibile oltre il quale iniziano i problemi e decessi.[/pullquote-right]

Per darci un indicatore del giusto rapporto tra kh e ph abbiamo a disposizione la tabella che ottiene come risultante la concentrazione in ppm (parti per milione oppure mg/l) associato ad ogni valore kh/ph.

Per capirci, se abbiamo un kh 3, il limite minimo raggiungibile di ph sarà 6.5, a questo valore di ph avremo una concentrazione di Co2 in acquario pari a 33 ppm che è circa la concentrazione ottimale per la crescita rigogliosa delle piante senza compromettere il benessere dei pesci. Se alzassimo di qualche bolla la Co2 in acquario apprezzeremmo una ulteriore discesa del ph a 6.4 e otterremmo una concentrazione di co2 di 42ppm che inizia a dar fastidio alla fauna acquatica, un ulteriore aumento delle bolle erogate porterebbe al decesso.

Per semplificare potremmo affermare che ad ogni valore di kh esiste un giusto valore di ph ottenuto dalla concentrazione di co2, considerando il valore ideale tra 20-30 ppm fino ad massimo tollerabile di 39/40 ppm.

Co2 in acquario

 

Come leggere la tabella?

Partendo dal KH misurato in vasca con test a reagente, si segue la riga orizzontale (freccia 1) corrispondente fino a trovare le celle verdi che indicano il valore ottimale espresso in ppm o mg/l  (NON IN BOLLE DA EROGARE) in cui le piante traggono il maggior beneficio senza apportare danni alla fauna come invece accadrebbe per le celle da gialle a rosse.

A questo punto si segue la colonna perpendicolare al valore corretto (freccia 2) fino alla parte superiore della tabella dov’è indicato il valore di PH da raggiungere per ottenere la suddetta quantità di Co2. Nella zona azzurra troviamo di conseguenza le corrispondenti concentrazioni di co2, a livelli non sufficienti.

Ciclo azotato

In questa guida tratteremo il ciclo azotato in acquario

In acquario l’acqua si arricchisce nel tempo di residui organici derivanti essenzialmente:

  • dal metabolismo dei pesci e dalle loro deiezioni.
  • da eccesso di mangime non consumato che si decompone.
  • dalla marcescenza delle piante che vanno in decomposizione.

Tutte queste sostanze si accumulano sul fondo e vengono trasformate dai batteri in composti azotati semplici (formate cioè da azoto indicato con la lettera N).

 

ciclo azotato

Alla base di tutti i sistemi di filtrazione c’è un fenomeno molto importante che è quello della decomposizione chimica operata da parte di milioni di batteri. Questa si divide in diverse fasi e dà come risultato la formazione di composti azotati e minerali. Nella prima fase le catene proteiche vengono spezzate in frammenti piu’ piccoli, gli amminoacidi,  dai microrganismi eterotrofi tramite un processo di digestione enzimatica ovvero:

proteine –> peptidi –> amminoacidi

Da qui inizia la seconda fase che è quella della biodegradazione degli amminoacidi in composti azotati semplici:

amminoacidi –> ammoniaca (NH3) –> ioni ammonio (NH4+)

L’ammoniaca e l’ammonio sono in equilibrio tra loro e sono condizionati dal pH. Per valori acidi avremo quasi esclusivamente ammonio rapidamente assorbito dalle piante mentre per valori alcalini aumenta concentrazione dell’ ammoniaca  (per un pH = 8.0 la concentrazione di ammoniaca è pari al 10%). Entrambe le sostanza sono molto solubili in acqua e rappresentano i veleni piu’ pericolosi per il nostro acquario.

Nella terza fase gli ioni di ammonio vengono trasformati in nitriti (NO2) quindi:

Ioni ammonio —–>Nitriti(NO2) 

Nella quarta fase avviene l’ ossidazione  dei nitriti (NO2) in nitrati(NO3) quindi:

Nitriti(NO2)—–>Nitrati(NO3) 

I nitrati rappresentano quasi l’ultima fase del processo descritto  a grandi linee per cercare di far comprendere le fasi principali e tralasciando tutti i sotto processi che ci farebbero confondere molto le idee soprattutto per chi inizia a sentir parlare da poco di ciclo azotato. I nitrati si accumulano in vasca con il passare del tempo e solo un cambio parziale puo’ contenere il loro continuo accumulo.

[pullquote-left]Il ciclo azotato si chiude con un ulteriore processo, anche se non se ne parla spesso, dove i nitrati per riduzione dell’ azoto (N) vengono trasformati in azoto gassoso (N2). Questo è dovuto a colonie di batterici anaerobici che si formano negli strati profondi del fondo dove l’ ossigenazione è molto scarsa o nulla.[/pullquote-left]

Le zone anossiche (assenza di ossigeno) possono rappresentare anche un grave pericolo per via della formazione di particolari colonie batteriche sempre anaerobiche che degradano gli aminoacidi ed altri composti organici solforati (nella loro struttura molecolare presentano atomi di zolfo) producendo acido solfidrico, sostanza caratterizzata dall’ odore di uova marce la cui tossicità è ben nota. Ciò provocherà un avvelenamento di tutta la vasca.

All’avvio di una nuova vasca il ciclo azotato non è ancora innescato perche’ i batteri non si sono ancora insediati nel filtro (dove avviene la maggior parte del ciclo azotato) e quindi occorre un periodo di tempo durante il quale i batteri nitrificanti devono svilupparsi e moltiplicarsi. Per questo motivo avremo che nel primo periodo si svilupperanno le colonie di Nitrosomonas che trasformano l’ ammoniaca (NH3) in nitriti (NO2) che inizieranno ad aumentare in vasca fino a raggiungere un valore massimo detto picco dei NO2. Sfalsati nel tempo inizieranno a svilupparsi anche le colonie di Nitrobacter deputati a trasformare i NO2 in NO3 per cui osserveremo nel tempo la riduzione  dei NO2 sino alla loro scomparsa e contestualmente un aumento dei NO3. 

Il tempo di maturazione del filtro dipende da diverse variabili (temperatura, valore del pH, inoculo attraverso cibo per pesci, uso di prodotti specifici) e richiede mediamente circa 30 giorni ma ripeto che non esiste un tempo fisso e preciso che quanto più tempo diamo alla maturazione del filtro tanto più l’ acquario partirà nelle condizioni migliori. A volte in fase di avvio di una nuova vasca si possono avere sia nitriti che nitrati prossimi allo zero e questo succede per due motivi:

  • Non si sono formati i ceppi batterici e quindi l’acqua è ancora satura di composti ammoniacali
  • il picco è già avvenuto ed i nitrati non sono rilevabili perchè assorbiti dalle piante presenti nella vasca.

Non sempre avere i nitrati prossimi allo zero è una ottima cosa perche’ oltre ad essere uno dei principali nutrimenti per le piante è anche sinonimo di un ottimale funzionamento del filtro biologico.

[pullquote-right]Nota: Prima di inserire i pesci è molto importante attendere la maturazione completa del filtraggio biologico monitorando settimanalmente le variazioni dei NO2 e dei NO3 con i test a reagente. [/pullquote-right]

Quando i NO2 dopo il picco non sono più rilevabili, e contestualmente verifichiamo un aumento dei NO3, è consigliabile attendere almeno un’ ulteriore settimana.Inserire i pesci gradualmente per non sovraccaricare il filtraggio biologico. Un filtro non ben maturo potrebbe comportare un improvviso aumento dei NO2 con effetti tossici gravi da provocare moria dei pesci.

I nitriti assorbiti attraverso le branche si legano all’ emoglobina formando metaemoglobina che impedisce a livello branchiale lo scambio CO2/O2. L’ aumento della concentrazione ematica  di CO2 provoca acidosi del sangue e scarsa ossigenazione cellulare.

Quello che notiamo è un aumento della velocità di respirazione del pesce che per sopperire alla scarso apporto di ossigeno si porta in superficie boccheggiando.

L’ asfissia si manifesta già ad una concentrazione di 0,5 mg/L. 

Come intervenire?: effettuare cambi sostanziali di acqua, migliorare l’ ossigenazione con l’ uso di aeratore, inserire colture batteriche specifiche (ammostop, biodigest, nitrivec, etc). In alternativa usare il NaCl (cloruro di sodio) per sfruttare la competitività del Cl verso i NO2 nell’ assorbimento branchiale. In questo caso la concentrazione di Cl deve essere 10 volte superiore a quella dei NO2 sottratta la quantità di Cl già presente in vasca. Per questo intervento è necessario avere il test a reagente per il Cl (cloro).  

 

 E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo About Ph e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Si ringrazia DanPao,Marco Ferrara e marte82 per la collaborazione.

Scheda revisionata da Mario Mandici

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