In zootecnia la problematica della selezione di individui con determinate caratteristiche, sia fisiche che funzionali,è sempre stata presente. Basti pensare alle centinaia di animali diversi di allevamento differenti a seconda se servono per produzione di carni, latte o uova o altro o se servono per la loro bellezza, potenza fisica, etc. E quindi a partire dalla scoperta delle leggi dell’ereditarietà dei caratteri di Mendel , le prove di incroci sono state innumerevoli. Prima di questa scoperta si era provato ad ottenere le caratteristiche desiderate per intuito,anche se probabilmente un attento osservatore avrebbe potuto capire alcune leggi di ereditarietà anche se in modo istintivo. Una volta capito invece il meccanismo, gli incroci tra animali sono stati effettuati seguendo queste leggi , con risultati sicuramente più accurati e più veloci. Bisogna comunque tenere presente che se vogliamo ottenere un animale con più caratteristiche le leggi di Mendel sono certamente applicabili, ma il risultato risulta molto più complesso da ottenere perchè ogni caratteristica è regolata da uno o più geni che si comportano in maniera autonoma l’uno dall’altro.

Ma spieghiamoci meglio e partiamo dall’inizio.

Ogni individuo nasce con delle caratteristiche uniche quali l’altezza, il colore degli occhi, il colore dei capelli, la forma delle mani, etc. Tutte queste caratteristiche sono ereditarie cioè sono trasmesse dai genitori ai figli attraverso le informazioni che si trovano nei geni. Lo studio scientifico dell’insieme delle caratteristiche fisiche (fenotipo) e dei comportamenti che possono essere trasmesse attraverso i geni è chiamata genetica. La genetica studia i genomi cioè l’insieme dei geni di un individuo e i loro componenti (DNA, cromosomi, geni, alleli, etc). I primi esperimenti per capire il meccanismo dell’ereditarietà dei geni sono stati compiuti da Gregorio Mendel verso il 1860: egli era un monaco che si occupava di botanica. I suoi esperimenti sulla pianta del pisello gli fecero capire come le caratteristiche di un individuo sono controllate da dei fattori (che oggi appunto chiamiamo geni) che si trasmettono attraverso i gameti da una generazione all’altra seguendo delle regole ben precise.

Il DNA contenuto nelle nostre cellule è organizzato in cromosomi, ovvero in successioni di geni, ognuno dei quali determina un carattere diverso. In una cellula sono presenti due copie di uno stesso gene, che può presentarsi in forme diverse. Due copie di uno stesso gene sono detti alleli. Le cellule contengono due copie di uno stesso gene perchè uno viene dal padre e uno dalla madre: ad esempio se la mamma ha gli occhi azzurri e il padre ha gli occhi marroni, il figlio avrà per gli occhi un gene per gli occhi azzurri e un gene per gli occhi marroni: sono diversi ma tutti e due sono geni per il colore degli occhi e quindi sono alleli.

Nelle cellule di un individuo, tranne che nei gameti sono presenti le due copie di un gene, quindi gli alleli. Quando si forma un gamete invece i due alleli si separano casualmente in due cellule gametiche (o uova o spermatozoi) per andare a ricreare una nuova coppia nello zigote (cioè uovo fecondato).

 

Fig 1

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Nella figura 1 si vede una prima cellula in alto con un genotipo completo, cioè con le sue due copie di geni. Alla fine del ciclo di formazione dei gameti (ultima fila: spermatozoi o uova) ogni cellula avrà solo una copia del gene che apparteneva alla coppia di alleli.

Se le due copie del gene che eredita un individuo sono identiche (riprendendo l’esempio degli occhi, se entrambi i genitori danno al figlio una copia per l’occhio azzurro) allora si dice che l’individuo è omozigote per quel particolare gene. Ma se le due copie sono diverse, come nell’esempio di prima, l’individuo sarà chiamato eterozigote per quel gene.

Quando si accoppiano due individui che sono omozigoti si otterrano tutti individui eterozigoti.

 

Fig 2

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Quando invece si accoppiano due individui eterozigoti per un gene si ottengono delle proporzioni di genotipi diversi, omozigoti o eterozigoti.

 

Fig 3

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In particolare si ottiene omozigote per il gene B, omozigote per il gene b e 2/4 eterozigoti.

Normalmente anche se sono presenti due copie dello stesso gene, uno solo è quello che si manifesta: la copia del gene che si manifesta è detta dominante, mentre la copia che non si manifesta è detta recessiva. Il gene recessivo si manifesterà solo in un individuo omozigote per esso. Quindi bisogna distinguere tra come appare un individuo (fenotipo) e i geni che esso contiene nelle sue cellule (genotipo).

Fig 4

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In questa figura nel pannello A è raffigurato come passano i geni da una generazione ad un’altra. Nella prima fila ci sono i genitori: sono omozigoti ciascuno per un gene. I figli saranno eterozigoti e i figli di questa prima generazione potranno avere varie combinazioni di geni. Quello che è importante è che nel pannello B ci sono gli stessi individui ma visti da un punto di vista fisico: il gene nero è dominante, perchè gli eterozigoti sono neri. Il bianco è invece recessivo e rispunta solo nella seconda generazione dove c’è un omozigote per questo gene.

Quindi per ciascun carattere ereditario sono possibili tre genotipi diversi, ma solo due fenotipi:

  • genotipo omozigote per il gene dominante, con fenotipo dominante;
  • genotipo eterozigote con fenotipo dominante;
  • genotipo omozigote per il gene recessivo, con fenotipo recessivo.

Ci sono però delle eccezioni :

1. Non sempre esistono un carattere dominate e uno recessivo per un dato carattere.
Ad esempio la pianta della bella di notte puòavere fiori rossi, bianchi o rosa. Il bianco e il rosso sono dati da genotipi omozigoti mentre il rosa dagli eterozigoti. Si parla in questo caso di dominanza incompleta, quindi si ha una caratteristica intermedia.

2. In altri casi si possono avere geni codominanti, cioè gli eterozigoti non mostrano un fenotipo intermedio ma entrambi i fenotipi. Un esempio è il nostro gruppo sanguigno: gli individui con gruppo sanguigno AB hanno una copia degli alleli per iol gene A e una copia per il gene B.

3. Un individuo può avere solo due copie di un gene, ma nella popolazione possono esserci molteplici forme di quel gene. Ad esempio tornando al colore degli occhi ci sono geni per gli occhi azzurri, verdi, marroni, neri .

4. Possono anche avvenire delle interazioni fra alleli di geni differenti.

5. Un singolo gene può influenzare più di un carattere. Ad esempio nei gatti i geni che danno il colore del mantello possono influenzare il colore degli occhi e la presenza o meno di sordità.

Una volta che si è capito come vengono ereditati i geni, si può passare alla pratica. Cioè si può pensare di incrociare degli animali per ottenere delle caratteristiche che desideriamo o per esaltarne alcune già presenti.

Per fare questo dobbiamo creare uno schema di accoppiamento. In particolare si possono avere vari tipi di accoppiamento sia naturali che di selezione guidata:

Accoppiamento casuale
Si ha quando l’animale è lasciato libero di scegliere il proprio partner. Questo tipo di accoppiamento non riesce a fissare nei soggetti delle caratteristiche volute ma è utile per rivelare il patrimonio genetico di un riproduttore quando abbia a disposizione delle femmine scelte a caso (progeny test).

Accoppiamento omeogamico
E’ anche detto accoppiamento in consanguineità e viene effettuato insistendo sulla rassomiglianza genetica. Si fanno accoppiare soggetti parenti tra di loro per avere una maggiore probabilità di ottenere gli stessi geni in un individuo. In pratica si cercano di ottenere individui omozigoti.

Accoppiamento etero gamico
Si basa sulla diversità genetica degli individui in cui si creano dei soggetti ibridi, cioè eterozigoti. Questo tipo di accoppiamento serve a “rinfrescare” una popolazione dopo molti accoppiamenti omeogamici.

Accoppiamento selettivo somatico
Detto anche accoppiamento in affinità consiste nel far riprodurre due animali che hanno delle rassomiglianze fisiche più o meno marcate, in modo da esaltare i caratteri che hanno in comune. In generale si ottiene un aumento di rassomiglianza fra genitori e figli e fra i discendenti di ogni coppia, ma non si aumenta in modo apprezzabile la frequenza dei geni desiderati, nè si giunge alla produzione di individui omozigoti. L’accoppiamento selettivo somatico, praticato sistematicamente fra tutti i componenti di una popolazione, tende a produrre una progressiva differenziazione della popolazione stessa in due tipi estremi rispetto all’intensità del carattere selezionato, e aumenta perciò la variabilità complessiva del carattere.

Accoppiamento tra individui simaticamente diversi
E’ anche detto accoppiamento di compensazione e serve a dare una maggiore uniformità ai caratteri di una popolazione. Questo tipo di accoppiamento non modifica i geni presenti in una popolazione.

Quindi la selezione è il filtro dei diversi tipi di accoppiamento e in linea generale la consanguineità tende a fissare le caratteristiche che vengono filtrate dalla selezione.

Avendo ora gli strumento necessari possiamo pensare di organizzare un modello per ottenere alcune determinate caratteristiche nella nostra popolazione. In questi anni in acquariofilia è entrata con prepotenza un piccolo crostaceo, utilizzato almeno all’inizio soprattutto perchè grande mangiatore di alghe, Caridina e Neocaridina. I due termini vengono spesso utilizzati scambievolmente ma in realtà si tratta di due specie diverse. Le Neocaridine in particolare sono state soggette a selezione per esaltare alcune livree particolarmente belle e cosi’ oggi nei nostri acquari abbiamo esemplari di red cherry, red cristal, white pearl, palmata, tiger, etc. Possiamo pensare di selezionare anche noi un tipo di livrea o solo cercare di evidenziarne alcune peculiarità.

Prendiamo una popolazione di neocaridine. Se siamo sicuri che da generazioni mostrano quelle caratteristiche che a noi interessano possiamo passare allo step successivo, altrimenti conviene fare riprodurre le nostre neocaridine, separare le larve dai genitori e fare riprodurre fra di loro la progenie. Ripetere questa operazione almeno due volte. Se non spuntano caratteristiche diverse possiamo procedere. In questo modo siamo quasi certi di partire da una popolazione con un corredo somatico e genetico somigliante. Prendiamo poi gli individui che presentano in forma più accentuata le caratteristiche che ci interessano e facciamoli accoppiare. Separiamo la prole dai genitori e permettiamo loro di accoppiarsi. Il procedimento va rifatto fino ad ottenere la caratteristica fenotipica che vogliamo. Alla fine otterremo degli individui tutti simili con l’esaltazione quel carattere, ma potremmo avere problemi di consanguineità. Si può allora inserire l’accoppiamento eterogamico con un individuo che ha le stesse caratteristiche ma viene da un allevamento diverso dal nostro. In alternativa, visto che il numero di figli di questi crostacei è elevato possiamo pensare di creare due ceppi in contemporanea ma da genitori diversi in modo che poi alla fine del processo li possiamo utilizzare per ricreare una popolazione non consanguinea.

 

Articolo scritto da Polgara
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Author: Annalisa Barera

"Laureata in Sc. Biologiche indirizzo Ecologico, pur avendo intrapreso la strada della ricerca in campo biomedico (Dott. In Immunofarmacologia e Specializzazione in Patologia clinica), ha sempre mantenuto il suo interesse verso il mondo animale in generale. Ha iniziato con articoli di acquariofilia, per continuare con studi sull'alimentazione moderna degli animali da compagnia. Ha anche trascorso un periodo di tre mesi presso un centro di recupero della fauna selvatica (IECOS DO CERRADO) nel Tocantins (Brasile) per studiare l'alimentazione e la gestione degli animali selvatici. Oggi si occupa di alimentazione naturale mettendo a punto strategie alimentari che utilizzino alimenti freschi e che rispettino le caratteristiche proprie delle specie animali in cattività."