Author: Mario Mandici

Mi sono avvicinato a questa passione da ragazzo e di strada credo di averne fatta tanta. Un percorso costellato da errori su cui ho consolidato il mio bagaglio di esperienze ma ho avuto anche molti successi. Allora non c'era internet, non c'erano gruppi con persone dotate di esperienza che potessero aiutarmi. Ho riprodotto diverse specie dal betta al danio rerio, scalari e haplochromis burtoni. Oggi mi sto dedicando alle caridine ma soprattutto alle piante altra mia passione, piante in vaso e piante in acquario.

carenze foglie

Quando le piante ci parlano

Quando le piante ci parlano ci lanciano dei segnali a volte sfumati e a volte eclatanti circa lo stato di sofferenza per la carenza o l’ eccesso di uno o più nutrienti o attraverso una crescita rigogliosa e colori intensi.

Riconoscere questi segnali ci aiuta a correggere la fertilizzazione.

carenze foglie
Principali carenze

Pertanto passiamo in rassegna i singoli nutrienti principali, sia i macro che i micro elementi, evidenziando cosa comporta ognuno di essi e come reagisce la pianta in caso di una carenza o di un eccesso.

Carbonio (C)Il carbonio è l’ elemento chimico senza il quale nessuna forma vivente potrebbe esistere. Esso forma insieme all’ idrogeno le strutture di base di tutte le sostanze organiche. La fonte di carbonio per le piante è rappresentata essenzialmente dalla CO2 che viene assorbita dalle foglie. La CO2 solubilizza parzialmente in acqua in base alla temperatura del liquido ed alla pressione esercitata dall’ atmosfera sulla superficie. Esiste un equilibrio costante tra le molecole di gas che entrano in acqua con quelle che ne escono. Inoltre una piccola parte viene prodotta direttamente in acquario a seguito della respirazione cellulare degli animali, dei batteri  e delle piante nella fase notturna. Se per alcune piante questa quantità di CO2 può risultare sufficiente per molte altre, soprattutto quelle a crescita veloce e per varietà “esigenti”, la CO2 è quasi sempre insufficiente. Grazie a questo gas il carbonio assorbito tramite le foglie viene utilizzato dalle piante per formare  attraverso complesse reazioni le sostanze energetiche (amidi) e quelle plastiche (cellulosa). Esse vengono prodotte senza sosta quindi sia nella fase attiva della fotosintesi (luce) che in quella oscura (buio). Se la CO2 si rivela indispensabile per le piante più esigenti è bene sapere che anche quelle meno esigenti ne traggono un grande vantaggio in termini di crescita. Una bassa concentrazione di CO2 comporta una riduzione della crescita delle piante, le foglie si presentano più piccole e spesso gli internodi si allungano. Molte piante rispondono ad una carenza di CO2 avviando un processo energeticamente molto dispendioso per loro consistente nel produrre esse stesse l’ anidride carbonica  attraverso la decalcificazione biogena. Le lamine fogliari superiori ed inferiori diventano un intenso laboratorio per produrre la CO2 utilizzando l’ idrogenocarbonato (HCO3) presente in acqua. Ciò comporta un sottile deposito calcareo sulla pagina superiore della foglia facilmente visibile sulla elodea densa che è una delle specie più attive da questo punto di vista. Quindi l’ uso della CO2 in acquario è sempre raccomandato.

 

 

Azoto (N) – Esso costituisce uno dei tre macro elementi fondamentali e può essere somministrato alle piante sia sotto forma inorganica (ammonio e nitrato) che organica (urea come fonte di azoto che deve essere prima trasformata in composto inorganico). Una parte di tutti questi composti vengono prodotti in acquario dal metabolismo dei pesci e di altri animali e dal catabolismo di feci, foglie morte ed eccesso di cibo. Non entro nel merito di questi processi che troviamo ben descritti nel ciclo dell’ azoto di cui rimando la lettura cliccando sul seguente link (https://acquariofili.com/ciclo-azotato/). A differenza del nitrato (NO3) l’ ammonio (NH4+) viene assorbito con più facilità in quanto l’ assorbimento dei NO3richiede alle piante uno sforzo in termini di energia maggiore dovendolo trasformare in NH4+ . Poiché l’ NH4+ è in equilibrio in acqua con l’ ammoniaca (NH3) la cui tossicità è nota a livello delle mucose e delle branche è bene evitare che il pH sia superiore a 7,5 non solo quando utilizziamo fertilizzanti contenenti ammonio ma anche nella normale conduzione della vasca. La reazione di equilibrio                NH3 + H2O <=> NH4+ + OH  in ambiente acido è tutta spostata verso destra, diversamente l’ equilibrio si sposta verso sinistra in ambiente alcalino e la concentrazione di ammonio si riduce a favore di quella dell’ ammoniaca. Tenete presente che l’ ammoniaca aumenta di ben quattro volte la sua concentrazione quando il pH passa da 7.0 a 7.5 mentre la sua DL50 (dose letale sul 50% dei soggetti) aumenta di ben 5 volte. La presenza di ammonio è fortemente condizionata dal grado di maturazione del filtraggio biologico. Più questo è maturo in termini di colonie minore sarà la sua presenza (vedi ciclo azotato). L’ ammonio è altrettanto assorbito velocemente dalle alghe ed è questa una delle cause maggiori di esplosioni di alghe filamentose. Acquari poco maturi e poco piantumati sono più soggetti alla presenza di queste alghe.

  • Carenza: le piante assumo un colore tendente al verde pallido sino ad arrivare al giallo soprattutto nelle foglie più vecchie che sono le prime a morire. Le nuove foglie o quelle apicali per le piante a stelo invece tendono a restare piccole e a volte assumono un colore rosso bruno,  tutta la pianta rallenta la sua crescita. Questa carenza spesso è accompagnata dalla comparsa di alghe verdi filamentose in particolare quelle a pelliccia o a peli diradati. L’ azoto pur essendo un elemento mobile (la pianta lo trasferisce sulle parti apicali a discapito delle foglie basali) non viene spostato così velocemente come avviene per il potassio. Le concentrazioni consigliate di NO3vanno da 5 a 10 mg/litro.   
  • Eccesso: l’ azoto è così ben tollerato dalle piante che prima di vedere un eccesso tale da provocare danni vi troverete la vasca stracolma di alghe e di pesci morti.

 

 

Potassio (K) – E’ il re degli elementi mobili per la velocità con cui la pianta lo trasferisce verso la zona apicale in caso di necessità.

  • Carenza: il K è in assoluto il macro elemento maggiormente carente negli acquari perché mentre l’ azoto ed il fosforo sono prodotti in vasca a seguito dei processi metabolici e catabolici, questo macro elemento può essere solo introdotto dall’ esterno attraverso la fertilizzazione. E’ bene sapere che le acque di rete per chi le usa in acquario hanno concentrazioni bassissime di K. Un altro aspetto importante è che una sua carenza riduce l’ assorbimento dell’ azoto. Poiché è mobilizzato rapidamente dalle piante i primi sintomi compaiono sulle foglie più basse. Come già visto per la carenza di azoto le foglie inferiori possono ingiallire e mostrare una crescita ridotta. Quasi sempre compaiono sulle foglie larghe anche dei piccoli puntini neri che si trasformano nel tempo in fori i cui margini diventano gialli o neri a seguito di necrosi del tessuto. Altre conseguenze sono il blocco  della ramificazione ed il fusto che può assumere un aspetto di consistenza gommosa. Le concentrazioni del K consigliate vanno da 10 a 20 mg/litro.
  • Eccesso: Questo macro è talmente ben tollerato da tutto l’ ambiente acquatico che vedere un eccesso è quasi impossibile. Ci dovreste mettere anima e cuore, svuotare un flacone intero per creare un eccesso di K mentre è molto facile avere gli effetti di una carenza.

 

 

Fosforo (P) – Introdotto nelle fertilizzazioni come fosfato (PO4) questo macro elemento rientra in molti processi biologici. Spesso lo ritroviamo in vasca come per l’ azoto quale prodotto finale dei processi metabolici e catabolici per cui non sempre è necessario integrarlo ma guai a farlo mancare.

  • Carenza: i segnali più evidenti sono il forte rallentamento della crescita, la parte apicale delle piante a stelo resta piccola. Questo effetto lo vediamo soprattutto nelle piante a sviluppo veloce. Inoltre la sua carenza può bloccare l’ assorbimento di altri nutrienti come il ferro o il potassio. Un altro segnale di carenza da P l’ abbiamo non dalle piante ma dalla comparsa sui vetri ma anche sulle rocce e sulle foglie delle GSA (green spot algue) di cui potete leggere info e modalità di eliminazione collegandovi al seguente link (https://acquariofili.com/conoscere-le-alghe/8/). Le concentrazioni di PO4  consigliate vanno da 0,1 a 1,0 mg/litro.
  • Eccesso: E’ raccomandabile non superare la concentrazione di 1,0 mg/litro anche se in realtà non ci sono problemi per i pesci che tollerano concentrazioni molto più alte. Piante come il myriophyllum crescono meglio con concentrazioni di 2,0 mg/litro di PO4. L’ effetto di concentrazioni alte di fosfato si manifestano con la comparsa delle BBA (https://acquariofili.com/conoscere-le-alghe/3/) ma il fosfato non è il solo responsabile per la comparsa di queste alghe. Altra conseguenza di un eccesso di P è la sua interferenza nell’ assorbimento del ferro.

 

 

Magnesio (Mg)Per capire l’ importanza di questo elemento basta osservare la struttura molecolare della clorofilla. Il Mg è il “core” di questa molecola e una sua carenza significa per la pianta una riduzione della clorofilla e quindi della fotosintesi.

  • Carenza: è subito intuibile che le carenze di questo elemento si manifestano con lo scolorimento delle lamine fogliari che diventano di un verde pallido con tendenza al giallo. Questa decolorazione procede dal margine fogliare verso l’ interno mentre le venature mantengono il loro colore verde. Questo fenomeno di clorosi è esattamente l’ opposto di quella che vediamo con una carenza di ferro e a lungo andare comporta un processo di necrosi dei tessuti sempre partendo dal margine fogliare. Poiché il Mg influenza insieme al calcio (Ca) il GH, quando questo è molto basso è facile che dipenda dal Mg visto che carenze di Ca sono difficili a vedersi.
  • Eccesso: Non sono noti effetti da sovradosaggio di Mg fatto salvo un aumento del valore del GH.

 

 

Calcio (Ca) –  La sua presenza in acqua condiziona fortemente il GH per cui difficilmente vedremo segni che caratterizzano la carenza di questo elemento se non per valori di durezza molto bassi (inferiori a 2 a °dGH).

  • Carenza: Gli apici delle piante presentano foglie piccole e malformate, diciamo quasi accartocciate, perché a fronte di un tessuto fogliare ridotto le nervature restano normali. Altro segno potrebbe essere una decolorazione che riguarda sempre la parte terminale della pianta.
  • Eccesso: E’ difficile osservare un eccesso di Ca in quanto avremmo valori di GH molto alti ma se ciò dovesse verificarsi gli effetti sono quelli riconducibili ad una carenza di Mg visto che alte concentrazioni di calcio possono interferire con l’ assorbimento del magnesio.

 

 

Ferro (Fe) –  Questo elemento è il più importante tra i micro nutrienti in quanto gioca un ruolo essenziale nella formazione della clorofilla. Il Fe a differenza del Mg non rientra nella struttura molecolare della clorofilla ma è un donatore di elettroni nei processi chimici che portano alla formazione di questo pigmento fondamentale nella sintesi clorofilliana. Poiché le piante assumono ferro sotto forma di ione ferroso (Fe2+) facilmente ossidabile a ione ferrico (Fe3+) esso viene protetto attraverso l’ uso di chelanti, soprattutto EDTA. Questo complesso metallo-organico si mantiene stabile per valori di pH che non superano il 7,0. Di questo bisogna tenerne conto quando si fertilizza, quindi cercate di mantenere il pH del vostro acquario ad un valore debolmente acido. Fanno eccezioni quei fertilizzanti che oltre all’ EDTA utilizzano altri chelanti resistenti in ambiente alcalino come EDDHA.

  • Carenza: come abbiamo già visto per il Mg la sua carenza rallenta la produzione di clorofilla ma a differenza della carenza da Mg la decolorazione della foglia (clorosi) riguarda solo il tessuto fogliare ma non coinvolge le venature. La sua carenza è visibile prima nelle piante a stelo a crescita rapida con un veloce viraggio dal verde al giallino. Le foglie colpite sono sempre quelle apicali mentre con il Mg che è un altro elemento mobile che la pianta sposta verso l’ apice vengono coinvolte prima le foglie basali. La carenza di Fe si manifesta anche attraverso la necrosi della lamina fogliare visibile soprattutto nelle piante appartenenti al genere microsorum (felci).
  • Eccesso: Il Fe è l’ elemento che consente alle piante “ rosse” di mantenere il loro bel colore o di esaltarlo ulteriormente. E’ per questo che si fertilizza con concentrazioni più elevate rispetto alle piante verdi. Quando si fertilizza troppo anche le piante verdi possono iniziare ad assumere un colore aranciato sulle parti apicali e più esposte alla luce. Si tratta di un sistema di difesa della pianta verso la forte irradiazione

 

 

Zolfo (S) : Esso rientra sempre nel gruppo dei macroelementi.

  • Carenza: considerato che diversi nutrienti vengono somministrati sotto forma di solfati (SO42-) è difficile osservare una sua carenza. Questa si manifesta con sintomi identici a quella provocata dall’ azoto che possiamo escludere facendo il test dei NO3.
  • Eccesso: Andare in eccesso di S non è difficile ma è sufficiente fare dei cambi parziali come consigliato in tutti i protocolli di fertilizzazione, PMDD compreso, per evitare che questo possa succedere. Le piante mostrano la loro intollerabilità ad un eccesso di zolfo con l’ appassimento e caduta delle foglie più giovani.

 

 

Manganese (Mn)Questo microelemento è caratterizzato dal fatto di presentare diversi stati di ossidazione e quindi nei fertilizzanti spesso è complessato anch’ esso con un chelante. Il Mn svolge importanti e complessi ruoli nelle sintesi biochimiche che portano alla formazione di clorofilla, amminoacidi e nell’ assorbimento dell’ azoto.

  • Carenza: per il suo ruolo nella formazione di clorofilla le piante mostrano una clorosi simile a quella dovuta da carenza di Mg,  spesso si presenta sotto forma di macchie tondeggianti gialle ma a differenza del Mg  i fenomeni necrotici colpiscono tutta la lamina fogliare quindi anche le venature.
  • Eccesso : poiché il Mn inibisce l’ assorbimento del Fe il suo eccesso mostra gli stessi sintomi di clorosi. Una clorosi con test positivo al ferro conferma l’ eccesso di questo microelemento.

 

 

Rame (Cu)Il Cu in acquariofilia è noto soprattutto come agente antialghe per la sua elevata tossicità che si può manifestare anche sugli animali. Tuttavia le piante hanno bisogno di questo micro nutriente utile per molti processi biologici anche se in quantità ridottissime.

  • Carenza: E’ difficile trovare una carenza di Cu in acquario perché le quantità necessarie sono davvero bassissime e quindi la quantità introdotta come “inquinante” nei processi di produzione dei fertilizzanti e da altre fonti come il mangime sono più che sufficienti per le piante. Se mai dovesse esserci una carenza questa si manifesta sulle foglie più giovani perché il rame non viene mobilizzato dalla pianta. Le foglie tendono ad accartocciarsi su di esse.
  • Eccesso: quantità di poco superiori a quelle richieste antagonizzano con l’ assorbimento del ferro e del manganese. Quantità maggiori comportano una degradazione della clorofilla e la rapida morte della pianta.

 

 

Molibdeno (Mo) Questo micro nutriente viene fornito prevalentemente sotto forma di ione MnO42- . Esso è decisivo per l’ utilizzo dell’ azoto in quanto fa parte della nitrato reduttasi che permette la trasformazione dei nitrati in nitriti successivamente trasformati in ammonio per la sintesi di amminoacidi.

  • Carenza : i sintomi ricordano in parte quelli da carenza di N, le foglie presentano macchie verde chiaro o giallastre.
  • Eccesso : le quantità richieste sono talmente basse e il contenuto nei fertilizzanti talmente piccolo che è praticamente impossibile avere problemi legati ad un eccesso.

 

Zinco (Zn) Si potrebbe scrivere un libro per elencare e spiegare tutti i processi biochimici in cui interviene lo Zn.

  • Carenza: Qualunque sia il protocollo , compreso il PMDD, assistere agli effetti di una sua carenza è impossibile ma qualora dovesse verificarsi essa si manifesta con una clorosi senza necrosi dei tessuti.
  • Eccesso: Impossibile arrivare ad un eccesso con qualsiasi protocollo di fertilizzazione anche se si dovesse commettere errori nei dosaggi.

 

Boro (B)Questo microelemento interviene nella formazione della parete cellulare sia delle foglie che delle radici.

  • Carenza: Comporta un ridotto assorbimento di Mg, Ca, K e PO43- con conseguenti effetti sulla crescita delle piante.
  • Eccesso: Impossibile arrivare ad un eccesso con qualsiasi protocollo di fertilizzazione, compreso errori nei dosaggi.

 

Cloro (Cl)Il cloro è un microelemento indispensabile per la crescita delle piante che lo assorbono come ione Cl(cloruro) in quantità veramente bassa per cui se si superano in acqua le quantità necessarie il Cl può diventare tossico. Oltre ad intervenire in alcuni processi della fotosintesi esso regola l’apertura e chiusura degli stomi attraverso cui le piante assorbono i nutrienti.

  • Carenza: non si verifica mai ma ammesso che succeda le piante manifesterebbero una clorosi delle venature.
  • Eccesso: spesso gli acquari presentano un eccesso di ioni cloruro visto che è introdotto frequentemente come sotto prodotto dei fertilizzanti. L’ ottima tollerabilità delle piante a questo micro elemento non comporta la manifestazione di nessun sintomo.

 

 

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cianobatteri

Cianobatteri

Cianobatteri

Uno dei problemi che angoscia l’ acquariofilio è scoprire la presenza dei cianobatteri che di solito sono trattati insieme alle alghe ma che in realtà alghe non sono.

Dopo la Cladophora crispata, i cianobatteri rappresentano in assoluto la seconda battaglia epocale che un acquariofilo potrebbe trovarsi ad affrontare sia per la difficoltà a debellarli, sia per l’ impegno a sostenere questa battaglia in termini di energie e tanta pazienza .

Il modo migliore per combattere i cianobatteri è conoscerli.

[pullquote-right]Esistono circa 2.000 specie suddivise in  150 generi di cui 46 segnalati come produttori di tossine. Essi sono presenti sia in acque dolci che salate e capaci di vivere in ambienti estremi come i laghi ghiacciati, le sorgenti termali e le saline.[/pullquote-right]

I cianobatteri presentano una varietà di tipi di cellule, strutture cellulari e strategie fisiologiche da contribuire al successo ecologico del plancton metaphyton (libero in acqua) o periphyton (attaccato a rocce, piante e qualsiasi altro oggetto presente sopra al sedimento).

Molte specie di cianobatteri vengono raccolte o coltivate appositamente come fonti alimentari, alimenti per animali, fertilizzanti e prodotti sanitari. (W.F. Vincent, in Encyclopedia of Inland Waters, 2009)

Quindi ci sono anche quelli utili !

I cianobatteri sono cellule procariote quindi non hanno un nucleo morfologicamente distinto in quanto è assente la membrana nucleare e non si riproduce per mitosi (divisione del nucleo della cellula madre in due nuclei delle due cellule figlie con l’ identico numero di cromosomi a quello del nucleo della cellula originaria).

Tra le cellule procariote sono le uniche in grado di utilizzare la luce solare come energia, l’ acqua come donatore di elettroni e l’ aria come fonte di carbonio (Methods in Enzymology, 2011).

cianobatteriI cianobatteri sono costituiti da un’ unica cellula invisibile ad occhio nudo ma che possono aggregarsi facilmente in colonie talmente numerose da rendersi anche si troppo visibili.

Si stima che siano comparsi circa 3,5 milioni di anni fa e da allora non sono mai scomparsi.

Esistono ciano come cellule singole avvolte da una guaina simile alla mucillagine, altre che vivono in forma aggregata dall’ aspetto piatto, arrotondato o a filamenti.

I Cianobatteri vivono in acqua e sono organismi fotosintetici quindi in grado di prodursi il cibo (autotrofismo)  attraverso la fotosintesi così come fanno le piante e le alghe.

Praticamente sfruttando alcuni pigmenti, composti chimici che riflettono solo certe lunghezze d’ onda della luce visibile, riescono a prodursi autonomamente ciò di cui hanno bisogno per vivere.

Un pigmento reagisce ad una gamma ristretta dello spettro per cui per catturare la maggior energia della luce solare vengono prodotti diversi pigmenti.

Abbiamo la clorofilla (pigmento verde) presente nelle piante e nelle alghe che si divide in tre specie “A”, “B” e “C”; i carotenoidi, che costituiscono un gruppo di pigmenti che vanno dal giallo al rosso passando per l’ arancione.

Sono detti  pigmenti accessori perchè non fanno altro che trasferire l’ energia catturata dalla luce alla clorofilla, quindi non agiscono direttamente sul processo della fotosintesi.

La fucoxanthina è uno di questi e la cito perché è responsabile della colorazione marrone di diverse alghe comprese le diatomee (vi ricordano qualcosa?).

Altro pigmento è la ficobillina che troviamo espressa nei cianobatteri. Poteva mai essere tutto così semplice ? No.

A questo pigmento corrispondono  due classi ovvero la ficocianina presente nei CyanoBacteria e la ficoeritrina responsabile del colore rosso delle alghe ma anche dei ciano che colpiscono l’ acquario marino.

Il colore blu-verde dei ciano è dato da una miscela di clorofilla e ficocianina.

cianobatteri cianobatteri

I cianobatteri sono caratterizzati da un’ attività fotosintetica cosi potente da essere responsabili di aver modificato nel corso di milioni di anni la composizione dei gas dell ‘ atmosfera arricchendola di quell’ ossigeno che oggi ci permette di vivere.

I cianobatteri hanno dato anche un altro grosso contributo: l’ origine delle piante. Un vero scoop! Sempre milioni di anni fa questi batteri hanno deciso di elevare la loro residenza all’ interno di cellule vegetali producendo in cambio dell’ ospitalità il cibo ad esse necessario … i cloroplasti della pianta altro non sono che cianobatteri.

I cianobatteri vivono in acqua e sono fotosintetici ed è questo il motivo per cui vengono chiamati alghe blue-verdi. Essi non hanno nulla da condividere con organismi eucarioti come le alghe e anche se correlati ai cloroplasti delle piante restano e resteranno sempre dei batteri.

Nota: La luce è fondamentale per i ciano batteri in quanto organismi autotrofi. Senza la luce essi non possono sopravvivere e quindi privarli della luce può essere uno dei sistemi per combatterli in acquario.

Tossicità: molti studi hanno dimostrato che i cianobatteri producono un nutrito numero di molecole biologicamente attive e molte di queste si sono rilevate particolarmente tossiche da poter uccidere un animale. Vediamole:

  1. Microcistina: epatotossica
  2. Nodularina: epatotossica; fu pubblicato un report da George Francis su “Nature” nel 1878 dove la morte di diversi umani in Australia era riconducibile all’ acqua bevuta da un lago durante il periodo di sviluppo di una varietà di cianobatterio.
  3. Anatossina: alcaloide neurotossico.
  4. Saxitossina: alcaloide nurototossico che induce il blocco dei canali del sodio nelle cellule nervose.
  5. Cilindrospermopsina: epatotossica
  6. Lyngbiatossina A: responsabile di flogosi e formazione di vescicole (dermatite da alghe).
  7. Aplisiatossina: prodotta da cianobatteri marini è responsabile di dermatiti.

cianobatteri

Note: la famiglia dei ciano batteri è caratterizzata da una numerosa varietà di specie. Una o piu specie produce una o più delle tossine sopra evidenziate. Molte di queste non sono presenti alle nostre latitudini per cui state tranquilli che qualora vi trovaste in vasca i ciano non avrete una bomba pronta ad esplodere per una guerra chimica biologica. La loro tossicità è comunque nota e quindi richiederà alcune attenzioni quando le combatteremo in acquario

cianobatteriCause:  Il poeta latino Lucrezio nel primo libro “De rerum natura” espresse il principio “nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam” ovvero nulla mai si genera dal nulla per volere divino. Quindi i ciano come le alghe che improvvisamente esplodono non nascono dal nulla perchè sono già presenti nei nostri acquari ma non li vediamo perchè sono dormienti. Alti livelli di rifiuti organici disciolti e/o di sostanze nutritive` possono scatenare i cianobatteri. Può capitare che questo possa succedere anche in acquari maturi e ben mantenuti ma vi assicuro che in questo caso la probabilità è davvero molto bassa…quasi una rarità. Anche una mancata o bassa circolazione dell’ acqua e l’ uso di vecchie lampade possono essere causa della loro comparsa come pure un fotoperiodo spinto ben oltre le 8 ore. Il denominatore comune resta lo sporco ed una vasca poco curata.

 

cianobatteriCome si presentano: I ciano hanno la capacità di tappezzare di tutto e di più (fondo sabbioso, rocce, radici, la parte bassa del cristallo anteriore a contatto con la sabbia). La sua crescita è maggiore nei punti di maggiore illuminazione e se siete arrivati sin qui dall’ inizio sapete già il perché. E’ difficile trovare colonie nelle parti più buie nonostante sia capace di sfruttare la luce come nessun essere vivente sa fare. La sua superficie blu verdastra sembra quella di un finissimo velluto, un tappeto di consistenza gelatinosa al tatto che cresce dal centro verso l’ esterno, che si ricopre di bollicine di ossigeno anche intrappolate nel suo spessore. Si, proprio quelle bollicine  facilitano la diagnosi in modo inequivocabile.  Il suo odore “puzzolente” come diceva mio figlio da bambino è un altro elemento che lo caratterizza. Unico, fastidioso, ripugnante oserei dire.  Questo tappeto avanza, ricopre tutto e quando tocca alle piante loro soccombono perché non sono più in grado di catturare la luce. Non so più cos’ altro dire per descriverle per cui fate riferimento anche alle foto. Spesso un’ immagine vale più di tante parole.

 

 

cianobatteri cianobatteri
cianobatteri cianobatteri

Nel marino vengono chiamate alghe rosse. La differenza di colore è data dalla differenza di pigmenti. Nel marino i cyanobacteria sono ricchi di ficoeritrina.

Lotta: E’ importante più che lottare prevenire. Quindi cerchiamo di tenere il nostro acquario in ordine e pulito. Sifoniamo il fondo per togliere gli eccessi di feci e foglie morte, tutto ciò che per catabolismo (degradazione di molecole organiche in altre più piccole – inquinamento da carbonio organico) porta ad un inquinamento organico. Fertilizzazione equilibrata (controlliamo i livelli di NO3 spesso bassi in tali situazioni per cui le piante possono andare in blocco – I ciano non assimilano i NO3). Piante e batteri “buoni” sono un baluardo allo sviluppo dei ciano.

Ma se nonostante le nostre attenzioni e soprattutto per colpa delle nostre disattenzioni i ciano compaiono non resta che armarci di strategia ed iniziare la partita di Risiko, la conquista del territorio. Abbiamo visto come la luce sia un fattore indispensabile per loro e quindi un modo di lottare è  quello di privare a loro questo elemento essenziale.

Se le colonie sono piccole e ben circoscritte usiamo tutto lo scibile della nostra cucina per togliere luce, tazzine di caffè, piattini tassativamente di ceramica, piccoli coperchi in acciaio o qualunque altra cosa che copra. Quanti giorni ? Io sono per le terapie a lungo termine quindi non meno di 6. Se dopo questo trattamento c’è ancora qualche colonia dovete ricoprire e attendere. Le rocce e le radici se possono essere rimosse fatelo e buttatele in acqua bollente per 10 minuti poi una bella spazzolata e di nuovo in vasca.

Se il layout non vi consente di operare in questo modo o se qualche pianta ne è vittima dobbiamo cambiare strategia. Passiamo alla chimica. Spruzziamo direttamente l’ acqua ossigenata a 3 volumi sulle colonie usando una siringa e sempre a filtro spento per 30 minuti.

Attenzione: non superare la dose di 20 ml di acqua ossigenata ogni 100 lt netti in vasca. Il trattamento può richiedere più interventi che vanno ripetuti non prima delle 24 ore dall’ ultimo quindi dovrete metterci tutta la vostra pazienza.

Invece quando le colonie sono ormai estese e hanno colpito anche le piante e non solo gli arredi la prima cosa da fare è chiedersi: ma come ho fatto a ridurre la vasca in questo stato ? Rispondo io per voi: NIENTE, non avete fatto niente. Prima riusciamo ad individuarle e ad intervenire più semplice sarà il compito per liberarsene. Quando la vasca è invasa, a fronte di questa sciagura diversi consigliano la terapia del buio totale. La vasca va ricoperta interamente con un telo di stoffa scura o una coperta spessa al punto tale che non deve passare neanche la benchè minima luce. La vasca va scoperta per il tempo necessario a dare un pizzichino di cibo ai pesci senza accendere le lampade e poi va subito ricoperta.

Attenzione: prima di questo trattamento occorre aspirare con un tubicino, quello dell’ aeratore, quante più colonie possibili con il filtro assolutamente spento per evitare che frammenti di ciano possano innescare nuove colonie. Ripristinare il livello con acqua nuova e coprire.

Personalmente questo metodo non lo consiglio. Spesso 5/6 giorni di buio totale non risolvono completamente il problema e nel contempo ve ne regalano un altro:

le piante. Delle piante a crescita veloce e di quelle che richiedono intensa illuminazione vi resterà solo il ricordo e la loro marcescenza. Insomma avrete capito che i ciano sono proprio degli abili giocatori a Risiko e con loro non si possono fare sconti perché lasceranno sempre altre vittime; come si dice venderanno cara la loro pelle a spese del nostro acquario e del nostro portafoglio. Per concludere questo argomento, quando ci troviamo in situazioni disperate  che colpisco anche le piante il rimedio migliore è fare una bella pulizia aspirandole con attenzione e ripeto a filtro spento per poi ingaggiare la madre di tutte le battaglie … la lotta chimica per eccellenza: CHEMICLEAN. 48 ore di trattamento ed il gioco è fatto senza problemi neanche per il vostro filtro biologico. Ordinabile su internet, un po’ costoso ma è un buon investimento.

 

Note riassuntive sulla lotta:

  1. Prima di ogni intervento aspirate quante più colonie possibili
  2. Tutte le operazioni vanno fatte a filtro spento (aspirazione delle colonie e trattamento con acqua ossigenata) da almeno 10 minuti per avere acqua ben ferma.
  3. Il trattamento con acqua ossigenata non da problemi a piante e pesci fatta eccezione per i muschi che sono abbastanza sensibili.
  4. Dopo ogni tipo di trattamento effettuare cambi consistenti di acqua, anche del 50% in caso di grosse zone colpite. Con la loro morte a seguito della lisi cellulare si liberano tossine pericolose per i pesci quindi è raccomandabile anche un trattamento settimanale con carbone attivo.
  5. Con la terapia del buio abbiate pazienza, gli sconti di durata del trattamento si ripagano amaramente.
  6. L’ acqua di aspirazione con le colonie andrebbero trattate con candeggina prima di buttarla via (non dimenticate che abbiamo a che fare con batteri!)
  7. Il tubicino usato per l’ aspirazione va anch’ esso sterilizzato riempiendolo con una soluzione di candeggina al 10%.

 

Per approfondire questi tipi di argomenti consiglio le seguenti letture :

 

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Guida impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

NB: alcune foto  sono state prese dal web , qualora il proprietario le riconoscesse come proprie e ne vuole la rimozione basta comunicarcelo e provvederemo immediatamente alla rimozione.

Femmina di C. Travancoricus

Carinotetraodon travancoricus

Carinotetraodon travancoricus

Ordine: Tetraodontiforme

Famiglia: Tetraodontide

Genere: Carinotetraodon

Dimensioni: adulto 2,5 cm

Le piccole dimensioni e le caratteristiche intrinseche di questa specie richiedono una vasca dedicata, quindi si tratta di un pesce non adatto ad un acquario comunitario.

Distribuzione: Endemico nella stato di Kerala– India

Aspetto: Occhi grandi con capacità di muoversi indipendentemente, colore del corpo variabile dal verde al marroncino a secondo del loro umore con presenza di macchie scure. La colorazione del ventre va dal bianco al giallo e si presenta liscia.

Dimorfismo sessuale: E’ possibile distinguere i maschi dalle femmine solo quando essi hanno raggiunto lo stato adulto. Il maschio presenta una linea scura che percorre il ventre sin verso la coda e dalla presenza di macchie sempre scure dietro l’ occhio come se fossero delle parentesi. La femmina presenta un corpo più arrotondato rispetto al maschio soprattutto nel periodo di riproduzione. 

 

Femmina di Carinotetraodon Travancoricus
Femmina di Carinotetraodon Travancoricus

Maschio di Carinotetraodon Travancoricus
Maschio di Carinotetraodon Travancoricus

 

 

 

 

 

 

 

 

Caratteristiche acquario: A causa del loro carattere litigioso e territoriale i pesci palla richiedono vasche allestite con radici, rocce e molte piante. Questo allestimento permetterà di stabilire i loro territori e migliorerà la loro convivenza.[pullquote-left] E’ importante creare nascondigli con un buon allestimento per soddisfare il suo grado di curiosità e farlo sentire sicuro onde prevenire lo stress. Se vedete i pesci palla nuotare su e giù lungo il vetro occorre aumentare il numero di piante e nascondigli.[/pullquote-left] Poiché non è richiesta una illuminazione intensa le piante migliori da inserire sono tutte le specie di muschi (fortemente raccomandati), anubias e cryptocoryne. Piante galleggianti in particolar modo il limnobium laevigatum sia per fornire ombra che aiutare a mantenere i nitrati bassi. Il fondo deve presentare una granulometria piccola, la sabbia sarebbe preferibile. Evitate compagni di altre specie ma potete inserire otocinclus e gamberetti del genere japonica solo se adulti. Per 5 o 6 esemplari la vasca deve misurare almeno 60 cm di lunghezza.

Valori di allevamento: i pesci palla sono intolleranti all’ammoniaca ed ai nitriti più di altri pesci per cui la vasca deve essere ben matura prima di inserirli. I nitrati non devono mai superare i 20 ppm ed il pH deve mantenersi stabile.

Temperatura 24 °C- 28 °C

pH 6.8 – 7.8 (preferibile un pH neutro o debolmente alcalino).

Durezza 5 dGH – 25 dGH 

Alimentazione: in natura si nutrono di vermi, larve e soprattutto piccole lumache che rappresentano il loro cibo preferito. Quindi possiamo somministrare cibo surgelato come chironomus e artemia salina. Prevedere un piccolo allevamento di lumache in una vaschetta per soddisfare la loro preferenza alimentare. Scaglie e pellet sono raramente accettati. 

Riproduzione: A differenza dei suoi parenti il piccolo pesce Carinotetraodon travancoricus è stato riprodotto in acquario con successo. La condizione migliore è la riproduzione in coppia singola o in situazione di harem per evitare che il maschio possa stressare la femmina. Sistemare la coppia in una piccola vasca con un filtro ad aria, acqua prelevata dall’ acquario principale e una folta vegetazione a base di muschio. La temperatura deve essere alzata sui valori massimi. Alimentare la coppia con chironomus surgelati e lumachine. Il maschio insegue la femmina che nel corteggiamento viene spinta nella fitta vegetazione. Li avverrà l’ espulsione delle uova e la fecondazione. Le piccole uova di quasi 1 mm si sviluppano li dove cadono. Dopo la deposizione le uova vanno rimosse e messe in un ambiente più controllato servendosi di una pipetta o di un tubicino per areatore. Diversamente togliere la coppia.[pullquote-right] Secondo alcuni il maschio potrebbe svolgere cura parentale  ma non sembra esserci nulla di confermato in merito.[/pullquote-right] Sarebbe opportuno rimuovere le uova sterili (color bianco latte) onde evitare attacchi fungini. Le uova richiedono circa 5 giorni per schiudersi ed altri 2 o 3 giorni serviranno per consumare il sacco vitellino. Per la prima settimana i piccoli avannotti andranno alimentati con parameci e solo successivamente con naupli di artemia salina.

NOTE: il piccolo pesce Carinotetraodon travancoricus è caratterizzato da una sua intelligenza e da una grande curiosità, anche il suo modo di nuotare lo rendono di grande interesse. Essi arrivano a riconoscere chi li alimenta e sembrano osservare ogni nostra mossa quando siamo vicini all’ acquario.

altra nostra scheda :clicca qui

 

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Adattabilità in acquario 90%
Difficoltà di allevamento 50%
Riproduzione in acquario 50%
faggio

Le foglie in acquario

Le foglie in acquario

La maggior parte dei pesci tropicali provengono da zone dove l’ acqua ha valori di durezza bassa, un pH debolmente acido o acido ed una colorazione ambrata più o meno intensa.

Questa magia è dovuta alle numerose foglie che cadendo dagli alberi rilasciano in acqua i tannini di cui sono ricche le foglie. A secondo delle piante di appartenenza, possono svolgere importanti azioni come la colorazione ambrata dell’ acqua, l’ acidificazione ed abbassamento della durezza, costituire un ottimo alimento vegetale per lumache e gamberetti, facilitare la formazione di infusori utilissimi per i piccoli avannotti di specie ovipare, creare nascondigli, svolgere un’ azione anti batterica ed anti micotica oltre a creare una decorazione ricercata nelle vasche amazzoniche (lettiere).

Non tutte Le foglie in acquario possono essere utilizzate in quanto alcune rilasciano sostanze tossiche. Potete utilizzare nei vostri acquari le foglie di catappa, quercia, faggio, acero, nocciola, noce, platano, ontano, gelso bianco, olmo e ciliegio. Possono essere impiegate anche tutte le foglie di albero da frutta non trattate con insetticidi. A proposito delle foglie di catappa tenete presente che queste in acqua di rubinetto danno una colorazione più marcata ma un effetto sul pH inferiore rispetto all’ acqua di osmosi dove la colorazione è meno intensa ma l’ attività acidificante è più marcata per l’ assenza dell’ effetto tampone dei carbonati. Una nota particolare va all’ ortica le cui foglie rappresentano un alimento eccezionale per i gamberetti per il contenuto di vitamine e sali minerali in esse contenute.

Anche per l’ ortica si suggerisce di farle seccare prima dell’ uso. Infine vorrei ricordare le pignette di ontano la cui attività acidificante non ha nulla da invidiare alle foglie di catappa e di quercia.

Vediamo un po’ di foglie e le loro “indicazioni d’ uso” in acquario

 

 

Le foglie in acquarioCatappa: Le foglie di catappa sono per le loro caratteristiche le migliori da utilizzare. La loro azione acidificante è la più marcata tra le foglie, seguita solo da quelle di quercia che di contro hanno il vantaggio di colorare in maniera quasi impercettibile l’ acqua . Le foglie di catappa riassumono in se tutte le caratteristiche prima esposte (acidificante,  cibo per caridine, antimicrobiche e anti micotiche) un vero regalo della natura. Facili da trovare nei negozi per acquari e ad un prezzo accessibile.

gelso

Gelso: sono tra i migliori alimenti per gamberetti e pleco per l’elevato valore nutrizionale delle foglie verdi. Se usate correttamente non modificano i valori dell’ acqua.

 

 

Foglie da raccogliere in autunno dopo caduta naturale dagli alberi 

 

querciaQuercia: le foglie di tutti i generi appartenenti a questa famiglia sono caratterizzate da un elevato contenuto di tannini e pertanto molto efficaci nell’ abbassare il pH. Colorazione media dell’ acqua.

 

 

 

faggioFaggio: piccole e sottili queste foglie hanno una scarsa attività sulla riduzione del pH e possono trovare impiego come lettiera nelle vasche con neocaridine davidii, particolarmente apprezzate dalle red cherry.

 

 

carpinoCarpino: a parità di peso hanno lo stesso effetto acidificante delle foglie di Catappa. Si consiglia di aggiungere due foglie giornalmente sino a raggiungere il valore desiderato. Conferiscono all’ acqua anche una bella tonalità scura per chi ama questo genere di vasche (pesci amazzonici).

 

 

 

 

 

noceNoce: famose per il loro effetto benefico sulla salute di pesci e gamberetti. Utili per combattere malattie batteriche, fungine e contro lo stress come le foglie di catappa ma a differenza di queste non alterano il pH e la colorazione dell’ acqua ed inoltre sono gratis !

 

 

 

 

betullaBetulla: le sue foglie non alterano il pH e non conferiscono colorazione all’ acqua. La loro resistenza alla decomposizione ne fanno un elemento idoneo per creare nascondigli e decorazioni mantenendo l’ acqua cristallina.

 

 

nocciolo

 

Nocciolo: anche queste foglie trovano impiego nell’ arredo come quelle di Betulla.

 

 

 

aceroAcero: effetto colorante forte e rapido. Anche il pH cala velocemente ma la durata di questo effetto è breve per cui tende a risalire nel giro di poche ore. Ottimo cibo per lumache e gamberetti.

 

 

 

platanoPlatano: l’ attività trascurabile sul pH e sulla colorazione dell’ acqua permettono la realizzazione di ottime lettiere per pesci più grandi grazie alle dimensioni delle sue foglie.

 

 

Raccolta: Il periodo di raccolta è l’ autunno quando le foglie cadono naturalmente dopo che l’ albero ne ha assorbito la linfa, la clorofilla ed altre sostanze. Le foglie secche aumentano la loro concentrazione di tannini anche di 4 volte rispetto alla foglia verde. Prestiamo molta attenzione a dove raccogliamo le foglie. Evitiamo per motivi d’ inquinamento i bordi delle strade, alberi nelle vicinanze di terreni agricoli (pesticidi), piccoli parchi cittadini. Approfittate di una gita in zone aperte e boschive per la vostra raccolta. Le foglie devono avere un aspetto sano, non presentare zone di necrosi (buchi) o un aspetto ammuffito. Il momento migliore è quello dopo una pioggia che fa cadere le foglie. Questa vanno sciacquate e fatte asciugare su carta. Dopo tre o quattro giorni quando sono ben asciutte le foglie vanno conservate possibilmente in sacchetti di carta, vanno benissimo quelli per il pane. Se l’ ambiente non è umido le vostre foglie saranno utilizzabili anche sino a 4 anni dalla loro raccolta.

La raccolta delle foglie allo stato verde e successiva essiccazione immagazzinano una quantità maggiore di nutrienti e preziosi composti organici. Questo procedimento è indicato come fonte di cibo per gamberetti, lumache e pleco o per il trattamento antimicrobico e antimicotico. Le foglie verdi essiccate devono essere usate con attenzione, un loro eccesso porta al deterioramento della qualità dell’ acqua.

 

Suggerimento:

Inizialmente Le foglie in acquario tenderanno a galleggiare ma se vuoi che affondino subito immergile prima per qualche minuto in acqua bollente. Questo metodo è utile anche per ridurre la colorazione dell’ acqua.

 

Alcune tabelle: le tabelle a seguire sono state estrapolate dalla ricerca di Istvan Toma (Akvarium Magazin)

tap water

La tabella mostra la variazione del pH nel tempo indotta dalle foglie prese in esame nell’ acqua di rubinetto (Hardtapwater) come riferimento. Nell’ ordine abbiamo: quercia, faggio, carpino, nocciolo, acero, platano, noce e catappa. Il carpino mostra un potere acidificante maggiore e più stabile rispetto alla catappa e alla quercia.

rowater

La stessa tabella dove il riferimento è l’ acqua osmotica (RO water) mostra un maggior potere acidificante della catappa seguita dal carpino e dalla quercia.

leave color

La tabella mostra la capacità colorante delle foglie prese in esame sempre nello stesso ordine (quercia, faggio, carpino, nocciolo, acero, platano, noce e catappa) in acqua osmotica (RO) e in acqua di rubinetto (Hardtapwater).

 

Per chi volesse approfondire l’argomento segnaliamo un interessante articolo riguardo “le foglie di catappa

 

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patina oleosa

Patina oleosa

Guida sulle cause e risoluzione riguardo la formazione della patina oleosa o biofilm nella parte superficiale dell’acquario.

Almeno una volta vi sarà capitato di osservare nei vostri acquari della schiuma o un film che ricopre l’intera superficie dell’ acquario con una colorazione che a secondo dell’ angolazione visiva può andare dal bianco argenteo all’ iridescente .

Questo è il biofilm, un film sottile presente sulla superficie dell’acqua dell’acquario causato dall’accumulo di proteine derivanti da rifiuti organici.

patina oleosa
FONT: https://aquariumarena.com

Praticamente si tratta di aggregati batterici bloccati in una matrice formata prevalentemente da sostanze polimeriche extracellulari. Grazie ad essa i batteri si sostengono mentre crescono sulla superficie dove hanno più facilmente accesso all’ossigeno e ai nutrimenti.

Infatti molti microrganismi come lieviti, batteri dipendenti dall’ossigeno e alghe preferiscono questa zona di transizione, perché le condizioni di vita sono particolarmente buone per loro.

Le particelle di polvere disperse nell’aria aumentano anche la formazione di schiuma superficiale, poiché non possono affondare a causa della tensione superficiale dell’acqua.

La parte inferiore della superficie dell’acqua è invece un punto di raccolta per tutte le sostanze più leggere dell’acqua ma incapaci di sfuggire all’aria.
In alcune parti, i gas non possono più sfuggire e piccole bolle si bloccano proprio sotto la superficie dell’acqua.

Questa patina può anche essere vista direttamente rompendo la superficie dell’acqua con un dito o un bastoncino per creare bolle. Se le bolle si formano e durano più di qualche secondo nel tuo acquario hai un biofilm.

Se da un lato il biofilm può risultare brutto a vedersi di per sé non costituisce un reale pericolo per la flora e la fauna ma lo potrebbe diventare se il suo spessore dovesse aumentare perchè può ridurre il livello di ossigeno all’ interno della vasca.

Per lo stesso motivo può anche impedire che la CO2 venga rilasciata dall’acqua, aumentando così i livelli di CO2 e quindi causare l’asfissia degli animali nell’ acquario, compresi i batteri nitrificanti in un filtro. La schiuma di superficie spessa può anche ridurre l’incidenza della luce.

In linea di principio, la schiuma superficiale è sempre composta da vari microrganismi. A seconda delle condizioni alcuni tipi possono essere predominanti rispetto ad altri come le alghe blu-verdi o determinati batteri.

Le cause responsabili della formazione del biofilm sono:

  • Piccole particelle di cibo non consumate o piante in decomposizione possono sollevarsi e radunarsi in superficie.
  • Aggiungere troppi batteri in acquario.
  • Acquari senza filtro sono più soggetti ad andare incontro a questo inconveniente così come quelli che hanno uno scarso movimento superficiale.
  • Le vasche piantumate con una ricca popolazione di pesci responsabili di un inquinamento organico troppo elevato.
  • Se c’è troppa alimentazione sotto forma di alimenti biologici, si svilupperà una popolazione batterica corrispondentemente più alta con formazione di biofilm. Quindi alimenti di bassa qualità e alimentazione eccessiva arricchiscono l’acquario con proteine e grassi che causeranno soprattutto pellicole oleose. Una riduzione dell’approvvigionamento alimentare impediranno l’introduzione di sostanza organica nella vasca e quindi la formazione di schiuma superficiale.
  • In acquari con piante possono formarsi lievi biofilm di batteri che traggono energia dall’ ossidazione del ferro per cui una riduzione o sostituzione del concime di ferro può essere di aiuto.

Per sbarazzarsi del biofilm è essenziale combattere la causa ma ciò potrebbe non portare sempre a un risultato direttamente percepibile. Di seguito alcuni metodi per una veloce eliminazione.

  • Poggiare sulla superficie fogli di carta tipo Scottex che imbevendosi farà attaccare la patina ad essa.
  • Aumentare il movimento di superficie dell’ acqua alzando l’ uscita del filtro.
  • utilizzo di uno skimmer da tenere costantemente in funzione se dotato di pompa e filtraggio oppure applicandone uno al tubo di entrata del filtro.
  • Cambi parziali di acqua
  • Migliorare la manutenzione dell’ acquario con sifonature leggere e periodiche del fondo in occasione dei cambi parziali, pulizia dei materiali filtranti (spugne e lana perolon) ed affettuare 3 o 4 volte l’ anno un filtraggio settimanale con carbone attivo per abbattere eventuali eccessi di carbonio organico che non va confuso con la CO2.

 

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Guida impaginata da Marco Ferrara

 

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